I cattivi maestri del Messico


(foto: Reporte Indigo)

Ciudad de México (D.F., Messico) - Ni un paso atrás. Nonostante Ingrid e Manuel, le due tempeste che hanno devastato un'ampia parte della República messicana, non arretra di un millimetro la protesta dei maestri della Coordinadora Nacional Trabajadores de la Educación (CNTE) contro la Ley General del Servicio Profesional Docente.
Da circa due mesi insegnanti, studenti, genitori con figli in età scolare occupano piazze e strade per protestare contro la riforma neoliberista dell'istruzione pubblica e del lavoro dei docenti travestita da riforma educativa, alla quale si aggiunge la protesta contro la privatizzazione di uno dei pochi asset strategici rimasti al paese: l'industria petrolifera Pemex.

La “malariforma”
Mentre i giovani dei tre partiti principali – il Partido Revolucionario Institucional oggi al governo, il Partido de la Revolución Democrática ed il Partido de Acción Nacionalchiedono il rinnovamento della classe dirigente, i loro leader si uniscono nel “Patto per il Messico”, voluto per una nuova “transizione democratica” del paese. Parte fondamentale di questa alleanza transpartitica, la riforma dell'istruzione è stata imbastita fin dal contestato arrivo di Enrique Peña Nieto al governo a dicembre, con la modifica degli articoli costituzionali riguardanti l'educazione (il 3 ed il 73) già conclusa prima di Natale.
Nel concreto, la riforma vede i docenti diventare “soggetti amministrativi” sottoposti ad una valutazione che, qualora risultasse negativa per tre volte, vedrebbe la riassegnazione ad altra funzione non docente. In questo processo, però, non sono stati previsti spazi per la partecipazione di sindacati e associazioni dei docenti né per il contraddittorio in caso di riassegnazione. In più scompare il diritto di inamovibilità per chi decide di svolgere un'attività che gli impedisca di insegnare, tra le quali l'attività sindacale. Per la valutazione è stata poi pensata una apposita istituzione, l'Istituto Nazionale per la Valutazione dell'Educazione (INEE, nella sua sigla in spagnolo) con il quale le decisioni in merito a promozioni, permanenza nel posto di lavoro e questioni legate al reddito dei docenti passano al Ministero della Pubblica istruzione federale, scavalcando de facto l'autonomia degli Stati federali.

Insieme ai maestri, ad occupare scuole e strade ci sono anche i genitori degli studenti, soggetti anche loro alla riforma, che li obbligherà a «pagare parte delle spese e tutti i costi dei servizi» delle scuole, tra le quali luce, acqua, tasse di proprietà, materiale didattico. Ciò costituisce un pesante aggravio per le tasche delle famiglie, come per i genitori degli alunni della Secundaria número 31 “Independencia”, che si sono visti recapitare, tra le altre, una bolletta bimestrale di circa 500 euro per la luce, una di 2.200 euro per l'acqua per un totale di circa 6.700 euro.

Ad ottobre molti docenti hanno abbandonato i piantonamenti per tornare nelle regioni di appartenenza, portando a 26 (su 32) gli Stati dove si registrano le proteste e facendo scendere in piazza anche quei maestri che all'inizio erano rimasti in disparte. Molti di loro preferirebbero stare in classe «piuttosto che accampati sotto il Monumento a la Revolución» di Ciudad de México, ha raccontato una maestra dello stato di Veracruz – uno degli stati più poveri dove più forti sono le proteste - intervistata da Desinformémonos.org «ma questa lotta è a beneficio di tutti e vinceremo». Una lotta che non è solo contro le riforme previste dal governo, ma contro un sistema che lo scrittore Paco Ignacio Taibo II (nelle scorse settimane allo Zócalo, la piazza principale di Ciudad de México, a regalare libri ai poliziotti) ha definito come un «avanzamento di un capitalismo selvaggio, neoliberale, al quale non importa un accidente della nazione e dei cittadini. È solo la ricerca del bottino».

Shutdown America: una perturbazione che potrebbe colpire 48 milioni di americani

foto: darkroom.baltimoresun.com

Washington (Stati Uniti) - Secondo il Segretario di Stato John Kerry sarebbe solo una "perturbazione momentanea" lo Shutdown, il provvedimento di tagli ai servizi non necessari imposto dal governo statunitense. Per quanto momentaneo il provvedimento avrà comunque un «fortissimo impatto reale sulla vita quotidiana di tanti americani», come dichiarava un esasperato Barack Obama nei giorni scorsi.

Al centro della guerra tra il Senato a maggioranza democratica e la Camera, guidata dai repubblicani, c'è l'Obamacare, che questi ultimi vorrebbero sostanzialmente eliminare. La condizione lanciata al governo è, d'altronde, chiara: rinviare di un anno questa riforma – che i democratici danno ormai come legge intoccabile – è la condizione imprescindibile per l'approvazione del budget del nuovo anno fiscale, iniziato il primo ottobre.

Stando alle stime, tagliare i “servizi non essenziali” significa la sospensione dal lavoro per almeno 700.000 dipendenti pubblici, tra cui dipendenti del Pentagono o rangers che operano nei parchi nazionali. A rischio anche le pensioni ed i sussidi di disabilità per i veterani, che dopo aver servito la Patria potrebbero vedersi non ricambiato il favore.
Inoltre, tra le attività che il governo federale non sarebbe più in grado di assicurare, il pagamento agli appaltatori del governo, che potrebbero far “pesare” la cosa al momento di rifinanziare la prossima campagna elettorale. È comunque difficile che uno stallo di qualche giorno possa creare danni rilevanti a società come la Lockheed Martin (principale contractor nel 2012 con circa 40.000.000 di dollari) o la Boing (seconda classificata con poco meno di 30.000.000) o la Raytheon Company, che con poco meno di 15.000.000 di dollari è la terza società che verrebbe danneggiata dal prolungarsi dello Shutdown (la lista completa è stata pubblicata da OpenSecret.org)

A pagare il prezzo più alto, ça va sans dire, saranno i cittadini comuni. A rischio infatti ci sarebbero anche i “Food stamps”, i buoni alimentari che rappresentano l'unica forma di salvataggio per circa 48 milioni di americani, soprattutto bambini e disabili. Taglio che – come scriveva ieri Monica Di Sisto su Comune-Info «obbligherà gli adulti tra 18 e 50 anni senza figli minori a trovarsi un lavoro o ad inserirsi in un programma di formazione per mantenere il beneficio, di cui potranno godere, ad ogni modo, solo per tre mesi e solo sottoponendosi a test antidroga e alcol». Test che invece non sfioreranno le società destinatarie di una parte del Supplemental Nutritional Assistance Program (SNAP) nel quale sono inseriti i buoni alimentari e che rispondono a nomi come quello della Coca-Cola, della Kraft, della JP Morgan a cui il “Farm Bill Budget” destinava – nel 2008 – il 68% dei fondi.

Due muri destinati a collidere? Da un lato la principale – per alcuni l'unica – medaglia attualmente appuntabile al petto di Obama, dall'altra la spinta delle forze più estreme dei repubblicani, soprattutto dei Tea Party.
Il rischio che gli Stati Uniti d'America espongano fuori dalla Casa Bianca il cartello “Default” - che porterebbe al declassamento delle agenzie di rating, al crollo del valore del dollaro ed all'esplosione dei tassi di interesse – è più che concreto.

Q&A: US shutdown: a new guide for non-Americans (in inglese): http://www.theguardian.com/world/2013/sep/30/us-shutdown-explainer-non-americans

Questo articolo lo trovate anche qui:
http://www.infooggi.it/articolo/shutdown-america-una-perturbazione-che-potrebbe-colpire-48-milioni-di-americani/50571/