The Coltan Corporation of War


foto:coltanproblemas.wix.com

La lotta contro il potere è la lotta della memoria contro la dimenticanza.
[Milan Kundera - Il libro del riso e dell'oblio]

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Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) - Obbiettivo Damasco. È questo, oggi, il primo punto dell'agenda di media, governi e settore militare. Ma se quell'obbiettivo lo spostiamo - lungo la linea di quei "dieci centimetri di distanza dallo schermo televisivo" di cui parlava Bernardo Valli - ci rendiamo conto che, ad oggi, esiste una guerra tanto importante quanto volutamente ignorata, fatta di gruppi terroristici (pudicamente chiamati "ribelli") finanziati e guidati da governi e imprese nazionali straniere nel disinteresse quasi completo della sempre più inutile "comunità internazionale". Una guerra che tocca tutti: pacifisti, guerrafondai e disinteressati talmente importante da essere la base della società moderna: la guerra per il coltan.

Rubini dalla Birmania (300.000.000 di dollari guadagnati dalla giunta militare nel solo 2006 nonostante l'embargo); coltan dalla Repubblica Democratica del Congo (con un fiorente mercato illegale che si sta sviluppando tra Colombia, Brasile e Venezuela); bauxite - elemento base dell'alluminio - dalla Guinea; smeraldi dalla Colombia e litio - il "petrolio del futuro" - dall'Afghanistan. Sono questi i nuovi "diamanti insanguinati", minerali il cui mercato si basa sullo sfruttamento, su rapporti economici più o meno legali con regimi non-democratici o sul diretto finanziamento di conflitti ormai più che decennali. Tra tutti, ruolo paradigmatico spetta alla Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più ricchi di risorse naturali al mondo saccheggiato fin dai tempi di Leopoldo II (1885, dallo "Stato libero del Congo" il re belga preleva avorio, caucciù, olio di palma, cotone). Ad essere colpita principalmente è la regione orientale del Kivu, passata dall'essere il deposito del paese con i suoi rifornimenti di carne e verdure per Kinshasa (distante 1500 chilometri) a granaio degli sfruttatori, che hanno trovato in Goma – capoluogo della regione del Nord Kivu - un perfetto centro di raccolta ed esportazione. Dei cinquanta conflitti attivi in Africa nel 2001, circa il 25% può essere inserito tra le "guerre per le risorse" che, come evidenziato dalla giornalista ed attivista britannica Katharine Ainger «portano beneficio solo a piccole oligarchie, locali o internazionali, a uomini d'affari ed élite internazionali».

«In questo momento ci sono più dipendenti da telefono cellulare o internet che da eroina, cocaina, alcol o tabacco. Ed è successo in meno di venti anni. Prova solo ad immaginare un mondo senza cellulari né computer». A dirlo è Peter Corckenham, fittizio presidente della altrettanto fittizia multinazionale statunitense Dall&Houston (dietro ai cui nomi in molti vedono l'ombra reale della Halliburton e dell'ex vicepresidente statunitense Dick Cheney) inventato dal giornalista e scrittore spagnolo Alberto Vázquez-Figueroa in "Por mil millones de dolares" e ripreso poi nel successivo "Coltan" che pone al centro, attraverso la finzione di un thriller narrativo, proprio il minerale su cui ruota quasi interamente il mondo moderno.

In un quarto dei circa 50 conflitti attivi nel 2001, le materie prime hanno giocato un ruolo chiave.
(Katherine Ainger)

Cellulari, computer portatili, elettronica per auto ma anche - per il suo contenuto radioattivo e di uranio - protesi per anca, ferri chirurgici, strumentazione per laboratori chimici, reattori nucleari e parti di missili sono solo alcune delle tecnologie che non esisterebbero senza il tantalio, un metallo resistente al calore, ottimo conduttore di corrente e resistente a quasi tutti gli acidi la cui polvere è il vero oggetto dei desideri delle società che utilizzano il coltan (il cui nome deriva dal composto tra la tantalite nella quale il tantalio è contenuto e la columbite) per realizzare condensatori ad elevato tasso di risparmio energetico. Un piccolo passo contro la crisi energetica che corrisponde ad un grande passo verso lo sfruttamento e la distruzione dell'ambiente.

Il suo valore dipende dalla percentuale in tantalite (di solito tra il 20 ed il 40%) e dal suo tenore in ossido di tantalio (solitamente tra il 10 ed il 60%). Nel 1999 il prezzo di questo minerale variava tra i 7 ed i 9 dollari al chilo. A gennaio 2000 era già salito ad un importo che variava tra i 65 ed i 90 dollari. A fine 2000, in concomitanza con lo sviluppo delle nuove tecnologie di massa (cellulari e Playstation 2) il coltan veniva venduto a 835 dollari al chilogrammo, tornando ad aggirarsi sui 90 dollari ad ottobre 2001.

L'occhio cieco della "Pubblica Opinione Organizzata".
La firma dei contratti delle grandi multinazionali però è possibile solo grazie alle migliaia di contadini che abbandonano le proprie terre, ai prigionieri a cui viene promesso uno sconto di pena ed ai tantissimi bambini - tra i 5.000 ed i 6.000 secondo il programma di aiuto dell'ong Save the Children - che formano il primo gradino della piramide dello sfruttamento commerciale.
Sono proprio questi ultimi a subire maggiormente gli effetti di questo sistema essendo nei fatti i veri "minatori". I loro corpi permettono di potersi muovere meglio degli adulti nei fori scavati nelle colline - vere e proprie miniere a cielo aperto - abbattendo i già bassissimi costi di estrazione per le società, che li pagano circa 2 euro a settimana rivendendo il coltan estratto a poco più di 450 dollari al chilo. Questo però non sembra bastare all'opinione pubblica occidentale concentrata sui bambini vittime delle armi chimiche del regime di Bashar al-Assad (le cui immagini sono state in alcuni casi prelevate direttamente dalla guerra in Iraq) ma che non rivolge la stessa indignazione e condivisione verso le piccole vittime del turismo sessuale occidentale o di sfruttamento minorile, nel lavoro come nella guerra. Anche l'indignazione è diventata un fenomeno mediatico.

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The Whistleblower

Nella foto: la vera Katryn Bolkovac
fonte: bolkovac.com

Hasan Nuhanović ha trovato giustizia. Questa mattina la Corte suprema olandese - ribaltando quanto deciso dalla Corte d'appello due anni fa - ha definito la responsabilità dei Paesi Bassi per l'assassinio del padre, della madre e del fratello minore dell'ex interprete per i Caschi blu olandesi (ne avevamo parlato più approfonditamente qui: Srebrenica, se il genocidio si processa da una parte sola), che vide - letteralmente - chiudere la porta della base Onu di Potočari in faccia ai propri familiari, lasciandoli così nelle mani del generale Ratko Mladić e rendendosi correi dell'omicidio di 8.372 persone (più di diecimila secondo le associazioni dei familiari) in quello che è passato alla storia come il più importante genocidio avvenuto in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: il massacro di Srebrenica.
Per i familiari delle vittime sarà ora possibile chiedere risarcimento all'Olanda per quanto accadde, in una "operazione umanitaria" che vide anche il fiorire di traffici di droga, carburante e prostituzione proprio grazie al contingente olandese.

Traffici che ieri erano al centro della serata di Sky Cinema Cult, che ha proposto The Whistleblower, film del 2010 diretto da Larysa Condracki con protagonista Rachel Weisz (nel cast anche Vanessa Redgrave e Monica Bellucci) che vanta un premio nobel come attrice non protagonista nel 2006 per un'altra storia vera riproposta in chiave cinematografica: le sperimentazioni di farmaci illegali in Africa da parte delle case farmaceutiche in "The Constant Gardener - La cospirazione", uscito nel 2005 per la regia di Fernando Meirelles.

Al centro di "The Whistleblower" Kathryn Bolkovac (nella foto), poliziotta del Nebraska che si ritrova a far parte del contingente Onu in Bosnia per guadagnare il denaro necessario per chiedere la custodia della figlia, affidata all'ex marito.
Qui si ritrova, in quella parte dimenticata della cronaca reale dei fatti, a tentare di eradicare un traffico di minorenni in cui sono coinvolti la polizia locale e gli uomini delle Nazioni Unite, spesso coinvolti in casi analoghi, come per il traffico "oro per armi" del contingente Monuc nella Repubblica Democratica del Congo, anno 2005.

Ma questa, come direbbe Carlo Lucarelli, è un'altra storia

"Non cerco uno scandalo. Faccio solo il mio lavoro"
[Kathryn Bolkovac/Rachel Wesz]