I soldi della cooperazione afghana tornano ai paesi donatori. Intervista ad Augusto Di Stanislao

foto: www.go-bari.it

Kabul (Afghanistan) - «Tra le mani dei “signori della guerra” afghani passano i miliardi di dollari che l'Occidente riversa da dieci anni a questa parte nel Paese per la cosiddetta ricostruzione». A parlare in questo modo, il 3 agosto 2011 alla Camera dei Deputati, è Augusto Di Stanislao (nella foto), all'epoca Capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione Difesa. 

Lei ha fatto visita al nostro contingente. Come vivono i militari la quotidianità? Quali sono state le sue sensazioni in quei giorni, da civile accolto nel mondo militare?
Sono stato nella zona ovest dell'Afghanistan, ad Herat, per visitare il contingente italiano Isaf presente nell'area. La conoscenza diretta e sul campo della realtà afghana e delle importanti iniziative in ordine alla ricostruzione e all’addestramento messe in campo dal nostro contingente hanno consentito di toccare con mano gli interventi che per qualità e quantità hanno “ colpito il cuore e le menti della popolazione”. E’ stata una missione breve per ragioni legate alla sicurezza e all’attività dei nostri soldati, ma molto istruttiva e che dà la cifra del valore delle attività promosse sul campo e della fiducia conquistata tra le istituzioni e le popolazioni locali da parte dei nostri soldati. Mi sento di ringraziare ancora l’intero contingente per quanto ha fatto e continua a fare ad Herat e nell’intero Afghanistan per garantire la stabilizzazione, la ricostruzione e l’addestramento.
La mia battaglia in Commissione Difesa, nell’Aula del Parlamento e fuori le mura di Montecitorio per uscire dalla missione Isaf e riportare i nostri militari [a casa, ndr] si incentrava sulla sicurezza del nostro contingente e della popolazione afghana a dispetto degli interessi politici ed economici. La missione in Afghanistan, così come è stata concepita ed avviata, si è trasformata con il tempo in una vera e propria guerra dove a pagare sono sempre e solo i più deboli e coloro che rischiano la vita e i tanti che l’hanno persa per sostenere scelte di Governo che devono essere riconsiderate e rivalutate all’interno del Parlamento.
I militari vivono e subiscono le scelte e le decisioni di un Governo che è stato sempre subalterno alle scelte degli alleati, fanno il loro dovere orgogliosi di rappresentare il Paese e di portare pace e ricostruzione là dove vi sono popolazioni martoriate. Ma in Afghanistan le cose sono cambiate da diversi anni, l’alto senso del dovere, la vocazione per la missione e il giuramento alla Patria vivono a braccetto con il terrore di essere il prossimo militare caduto in missione.

La cooperazione così come da lei denunciata, dove "tra il quaranta e il sessanta per cento dei fondi torna in tasca ai Paesi donatori, tra stipendi e profitto d'impresa" serve davvero alle popolazioni civili? O è forse solo un modo per “lavare la coscienza” dei paesi donatori e permettergli, ad esempio, di sviluppare reti di traffici illegali?
Il principale obiettivo della missioni internazionali che vedono impegnato in prima linea il nostro Paese è la cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione.
E’ questa la linea da seguire e da sostenere, non si riabilita un paese e il suo popolo solo con le armi, se non puntiamo sulla cooperazione allo sviluppo. In Afganistan c’è bisogno di azioni civili, non militari. C’è bisogno di aiutare le Ong e sostenere quanto più possibile il loro operato, non portare nuovi caccia o armi.
La cooperazione e l’operato delle Ong è di fondamentale e di primaria importanza, sono necessarie però forme di controllo più rigorose e un'indagine accurata sul miliardo di euro di aiuti civili che l'Unione europea e i Paesi membri destinano ogni anno all'Afghanistan. Nessuna pace duratura è possibile in Afghanistan senza una sostanziale riduzione della povertà e una lungimirante politica di sviluppo sostenibile.

La cooperazione genera dunque corruzione?
Tra il 2002 e il 2009 l'Afghanistan ha ricevuto circa 40 miliardi di dollari di assistenza internazionale. Di questi, solo 6 miliardi sono passati dal Governo centrale del Paese. I rimanenti 34 sono stati veicolati dalle organizzazioni internazionali (Onu, Ong varie, banca mondiale, banche regionali per lo sviluppo, e altre). Una percentuale compresa tra il 70 e l'80 per cento di queste somme non ha mai raggiunto la popolazione afghana. La maggior parte degli aiuti che i contribuenti e i donatori europei e americani intendono destinare a uno dei popoli più poveri del mondo si perde lungo la catena della distribuzione e ritorna sotto altre forme, lecite e illecite, ai centri da cui è partita;
È bene avviare un'opera di refocusing mettendo nel mirino il modus operandi delle principali agenzie di assistenza umanitaria e di sviluppo del sistema internazionale: dagli uffici per la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi dell'Unione europea e degli Usa all'Undp, dall'Unops alla Banca Mondiale, fino alle grandi Ong che operano in Afghanistan;
Ho chiesto più volte di avviare un monitoraggio ed un controllo più diretto e mirato degli aiuti internazionali inviati a sostegno della popolazione civile afghana al fine di dare un concreto aiuto nel processo di ricostruzione del Paese, di legalità e di trasparenza.
Per essere chiari una cooperazione a larghe maglie e a responsabilità indistinte presta il fianco a elementi di corruzione più o meno forti e radicati il che ammonisce ultimativamente i Governi della coalizione a partire dal nostro a dare organicità e strutture forti ad un settore che ci rende unici nelle missioni internazionali tanto da diventare per alcuni versi modello di riferimento

Secondo la sua esperienza, è vero quanto afferma l'associazione Rawa - da lei riportato in un'interrogazione parlamentare del 2011 - che in realtà le ong afghane ed internazionali costituiscano "vere e proprie mafie", paragonabili “alla mafia del traffico di droga"?
L’organizzazione Rawa (Associazione delle donne afghane rivoluzionarie) ha dichiarato che la situazione dal 2001 è decisamente peggiorata. Le aspettative di democrazia, pace, sicurezza, diritti delle donne, rispetto dei diritti umani con cui si è giustificata l’occupazione, sono state tutte ampiamente disattese con risvolti drammatici per le donne e gli uomini afghani, sotto tutti i punti di vista.
La denuncia delle organizzazioni afghane è che si stanno sostenendo personaggi macchiati dei peggiori reati ed è evidente che non si può pensare di portare democrazia e stabilità in un Paese in cui chi detiene il potere non riconosce i diritti dei proprio popolo.
La cooperazione allo sviluppo è un settore che merita più coraggio nelle azioni perché è l’unico modo per favorire il reale rilancio dei paesi occupati e perché questo deve essere il fine ultimo delle nostre missioni.
Ho chiesto ripetutamente di avviare un percorso con l’impegno di implementare lo standard comune per la pubblicazione elettronica periodica e completa delle risorse utilizzate per la cooperazione internazionale allo sviluppo e dei risultati ottenuti e garantire una maggiore e più attiva partecipazione dell’Italia nella definizione delle politiche e nell’attuazione della cooperazione europea e delle organizzazioni internazionali.
Ho impegnato il Governo a sostenere i progetti proposti dalle ONG per le aree di riferimento, per l'aiuto umanitario, il rafforzamento dei processi democratici e il sostegno ai percorsi di pacificazione in favore delle popolazioni colpite da guerre civili e conflitti regionali e la promozione dei diritti delle donne

Guardando a questa situazione viene in mente la Somalia della metà degli anni Novanta. Anche lì la nostra cooperazione - l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è lì a testimoniarlo - venne considerata una vera e propria "malacooperazione". L'Afghanistan quindi come nuova Somalia?
Esattamente! Come ho già dichiarato il tessuto istituzionale afgano è attraversato dalla corruzione e in taluni gangli che investono alte cariche e semplici dipendenti vi è la più completa subalternità e/o connivenza: l'Afghanistan è diventato dopo l'occupazione occidentale il secondo Paese corrotto al mondo dopo la Somalia.
Ritengo che la Cooperazione allo sviluppo è un punto cardine delle nostre missioni, ma che va riqualificato, meglio indirizzato e monitorato attraverso politiche e strategie mirate e non improvvisate dai Governi che di volta in volta si succedono. Solo così la Cooperazione allo Sviluppo connoterà le nostre missioni internazionali con attività civili e sociali che attraverso una cultura della pace porterà stabilità e benessere

[9- Continua]