Violazione delle norme antitrust. L'Unione europea apre un'indagine (informale) su Apple

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Bruxelles – Secondo l'Unione Europea, Apple avrebbe definito vincoli particolarmente stringenti con gli operatori telefonici per la vendita di iPhone e iPad. Per questo nei giorni scorsi ha iniziato ad esaminare i contratti, con il rischio – per la società californiana – di violazione delle norme antitrust.
Secondo quanto riportato dal New York Times il mercato su cui l'Unione sta indagando è quello francese, ma non si esclude la possibilità che tali violazioni – qualora confermate – possano interessare anche altri Paesi.
Apple, sostiene l'Unione Europea, pur senza alcun obbligo formalmente definito, avrebbe fatto pressione attraverso vincoli contrattuali per avere una vera e propria corsia preferenziale nella distribuzione dei due prodotti, penalizzando gli altri produttori, che trovano così forti difficoltà ad accordarsi con gli operatori telefonici, data la ridotta quota di mercato per loro disponibile.

Se da un lato tali accordi permettono ai rivenditori di vendere gli iPhone a prezzi ridotti, allargando dunque la possibilità di domanda, tra le clausole dei contratti tra Apple e le società di telecomunicazioni sono previsti volumi minimi di vendita da parte di queste ultime che, se non rispettati, portano al pagamento di penali. Queste clausole impongono, de facto, ai rivenditori di dover destinare un'attenzione speciale ai prodotti marchiati dalla mela, anche in termini di marketing, per evitare di incorrere nelle penali.
Inoltre, Apple è accusata di tenere comportamenti diversi a seconda dell'importanza dell'operatore a cui si rivolge, rendendo più rigorose le clausole verso i più piccoli e rimanendo più lasco verso i maggiori. Un'operazione che falsa sostanzialmente le modalità concorrenziali del mercato, che viene in questo modo sostanzialmente chiuso ai fornitori più piccoli.
Il rapporto con gli operatori telefonici è, per la società della mela, fondamentale. Dei 55 miliardi di euro guadagnati nello scorso trimestre, infatti, il 56% derivava proprio da questo tipo di vendita.
Dal canto suo, l'Unione non ha per ora dato il via ad alcuna indagine formale, assicurando però – attraverso Antoine Colombani, portavoce del commissario per la concorrenza nell'UE, Joaquin Almunia – di star monitorando gli sviluppi della situazione. Per procedere, infatti, c'è bisogno di una protesta formale la cui assenza permette alla Commissione il non obbligo di agire.
Da Cupertino, in attesa di capire se l'indagine partirà realmente, dicono di stendere i contratti rispondendo «appieno alle leggi locali ovunque ci sia il nostro business, Unione Europea inclusa».