Popolo in liquidazione

C’era una volta il popolo viola…
Potremmo iniziarla così, quasi come una favoletta da raccontare ai posteri, la storia di un movimento (?) che faceva della liquidità caratteristica preponderante. No, non quella della società liquida di Zygmunt Baumann, ma quella – più economica – della liquidazione per chiusura locali. Perché alla fine è esattamente questo quello che è successo, no? Il popolo di viola vestito è sceso in piazza per quanto, qualche settimana? Poi basta, auto-accantonatisi non si sa bene per quale motivo. Credo comunque che quello che faccio non poca fatica a chiamare “movimento” – avendo nella memoria ben più noti e forti movimenti degli anni della contestazione – abbia stabilito un nuovo record: quello di organizzazione politica (definizione da prendere con le molle) durata di meno. Neanche le migliaia di tentativi dei partiti della sinistra extraparlamentare di creare un’”area” sono durati così poco!
Eppure siamo di fronte a qualcosa di epocale. Ad una di quelle situazioni che segnerà un “prima” ed un “dopo”: se passerà la nuova filosoFIAT, infatti, lo Statuto dei Lavoratori (che l’Esecutivo, non per caso, vuole rinominare “Statuto dei Lavori”) potrà essere usato a guisa di carta igienica, più o meno come la Costituzione. Perché se passa l’ideologia di Marchionne – che è poi l’essenza stessa del capitalismo più sfrenato – cioè quella per la quale tutto ciò che non riguarda lo stare davanti ad una catena di montaggio diventa un costo insopportabile per l’azienda, quelli che oggi conosciamo come “diritti indisponibili” – cioè quel tipo di diritti che non possono essere né ceduti da chi ne ha la titolarità né possono decadere per non-esercizio – diventeranno diritti “disponibilissimi”. Per il padrone, ovviamente.
Insomma: se non ci fosse la FIOM, saremmo davanti ad una nuova fase taylorista, nella quale oltre a considerare l’operaio come ingranaggio – neanche tanto fondamentale – della macchina produttiva, si cooptano i sottoposti per manifestazioni a favore del padrone.
Fa bene Claudio Fava a chiedersi, dalle pagine de L’Unità di ieri, chi mai potrà ergersi a difensore delle lotte operaie. Perché chi dovrebbe farlo o si gira dall’altra parte appoggiando l’azienda oppure glissa spudoratamente, relegando la questione ad una bagarre da quattro soldi tutta interna alla CGIL ed alla sua “ala estremista” FIOM. Non lo fa il PD, che addirittura invita gli operai ad accettare “il male minore”. Per citare Simone Cristicchi e la sua canzone sanremese ci siamo rotti il pacco di questa storia del “male minore”:
ti chiedono di votare alle elezioni “per il male minore”; adesso chiedono ai lavoratori di rinunciare non tanto ai loro diritti quanto alla loro status umano “per il male minore”, e mi fa specie – per non dir peggio – che a chiederlo sia chi ha avuto un passato comunista. Ma non vi vergognate? Non vi fa schifo urlare “viva viva il Signor Padrone”, quando trent’anni l’avreste volentieri preso a calci nei denti quel Padrone che tanto osannate? Vi fa così schifo questo passato “rosso”? A me farebbe più schifo essere parte del sistema di potere proprio per il mio passato “antagonista”, ma si sa che – a certi livelli – rossi o neri sulla poltrona sono tutti monocolore.
Come si può avere il coraggio di chiedere voti al “popolo” della sinistra quando si sostiene che «a volte il leghismo prorompe nel mio cuore» o si chiede agli operai di accettare la schiavitù nell’era della globalizzazione per quel famoso “male minore” di cui sopra?
Io proporrei una cosa molto semplice: tutti questi politici, questi finto-sindacalisti d’accatto che si schierano dalla parte della FIAT, cosa aspettano ad indossare una tuta da lavoro ed a presentarsi davanti ai cancelli a lavorare a quelle condizioni, visto che gli piacciono così tanto? Vorrei vederli, gente che spesso si è buttata in politica perché lavorare seriamente non si confaceva alla loro personalità stare ore ed ore ad alienarsi davanti ad una pressa, ad una catena di montaggio o davanti ad un altoforno! Perché, come è logico, il discorso non lo si può restringere alla sola Fabbrica Italiana Automobili Torino, in quanto qualora passasse il modello-Marchionne tutti i lavoratori assisterebbero alla prematura scomparsa dello Stato di diritto, ed a quel punto non ci sarà più bavaglio o intercettazione che tenga.
Ma di questo, ovviamente, meglio non parlarne. Non sia mai che si inizi un dibattito su qualche questione seria in questo paese! Perché adesso siamo tutti lì ad urlare di nuovo che “’o Fascismo è turnat’!” perché non ci sarà più possibile leggere le intercettazioni sui giornali, i quali si prodigano a dire che questa legge metterà il bavaglio al loro lavoro e cose simili. Sono anni – non posso dire decenni perché non sono poi così vecchio da averne memoria storica – che il giornalismo italiano si è auto-imbavagliato, decidendo di non parlare mai, neanche per puro caso, di molti temi quali la situazione nelle carceri, per le quali si parla solo di una statistica in merito al sovraffollamento ma non una parola sulla condizione dei e delle detenut*, non una parola su come si viva nei Centri di Identificazione ed Espulsione, e l’elenco potrebbe andare avanti per molto tempo.
Ma se, naturalmente, miglioramento alcuno si può pretendere da una classe politica ed un’informazione istruite da CEPU o dalla Scuola di Maria, qualche parola in più si può – e si deve – spendere sulla c.d. “società civile” e su quella che è stata la sua ultima emanazione finto-oppositiva: cioè proprio il popolo viola.
Dov’è? Che fine hanno fatto loro, Beppe Grillo e i grillini? E Travaglio e la sua combriccola? E Roberto Saviano – l’uomo che (quasi)tutta Italia difende – dov’è, perché non si schierano? Ma non essendo granché simpatetico con questi ultimi – autoproclamati “eroi” di una democrazia abbastanza presunta ed oligarchica – preferisco soffermarmi sui personaggi di viola vestiti, per i quali mi assale un atroce dubbio: che la battaglia operaia non sia di loro gradimento? Non so, perché magari considerata troppo poco “intellettuale” per i loro gusti? O forse – dubbio ancor più atroce – che i nostri non diano troppa importanza alla lotta degli operai FIAT perché non se la possono prendere con Berlusconi?
Negli anni ‘70 – anni in cui i movimenti erano cosa ben più seria di oggi – le lotte operaie erano la base di quasi tutti gli antagonismi di natura politica, anche di quelli studenteschi, e cosa ben più misera – probabilmente – sarebbe stato il Sessantotto italiano se non vi fosse stata la saldatura tra studenti ed operai.
Oggi invece la contestazione è a compartimenti stagni, e chi lotta per una cosa non lo fa per un’altra. C’era gente pronta a scendere in piazza per tutelare il posto di lavoro di Santoro, ma pochi scenderebbero in strada al fianco delle tute blu. Eppure a quel fantomatico “popolo” si chiedeva di risvegliare coscienze anti-berlusconiane  sopite da quindici anni di televisione lobotomizzante.
Ed eccoci arrivati a quello che considero il vero errore di qualunque opposizione – espressione poetica e suggestiva, per dirla alla Gaber – nata negli ultimi 15 anni in questo paese: quella di aver scambiato il tutto per la parte: raccontandoci cioè che l’opposizione si faceva criticando il Premier, mentre gli altri – imprenditori, multinazionali, centri di potere di varia natura – lavoravano, lentamente ma inesorabilmente, alla distruzione sociale dell’Italia. Non sarà che forse, in questi 15 anni, il vero problema non è stato Berlusconi ma – di contro – un anti-berlusconismo con il paraocchi?