Portando la Croce...e Che Guevara.

In questi giorni è scoppiato – devo dire finalmente – il bubbone, che non arriva certo inatteso, della pratica pedofila all'interno della Chiesa. Questa volta sembra essere scoppiato nel pieno della sua virulenza, a differenza di quel che accadde qualche anno fa, quando circolò per un po' il famoso video dal titolo “Sex crimes and Vatican”, nel quale per la prima volta si portava questo problema al di fuori delle mura vaticane.
A differenza di quel che avvenne nel 2006, sembra essere maggiore anche l'interesse della pubblica opinione, e da più parti si inizia a parlare della necessità di una “rifondazione” dell'istituto ecclesiastico, che vede come massima provocazione – almeno tra gli articoli che ho letto io in questi giorni – l'articolo di Andrew Sullivan presente sul numero di “Internazionale” di venerdì scorso dal titolo: “Perché il Papa deve dimettersi”.

Quel che mi solletica maggiormente è proprio provare ad immaginare, e dunque a delineare, il profilo di una eventuale “nuova Chiesa riformata”. Niente fantasticherie da intellettualoide, naturalmente – cosa che peraltro non sarei neanche in grado di fare – ma, come al solito, presentazione, da queste pagine, di una diversa concezione della Chiesa e della visione cattolica della religione che già da anni è presente e conosciuta ma che, combattendo il Potere terreno di Santa Romana Chiesa è da sempre stato posto ai margini dell'insegnamento della “fede”.



Per capire a cosa mi riferisco partiamo - per l'ennesima volta - da Fabrizio De André, cioè dall'autore del quinto Vangelo, stando almeno alle parole di Don Andrea Gallo. L'immagine che trovate in apertura di questo post, e che spiega in pochissimo spazio la laica spiritualità di Faber è presa da “L'uomo Faber”, il fumetto distribuito da Repubblica ed ideato da Ivo Milazzo e Fabrizio Càlzia.
Da anarchico, infatti, De André aveva una visione assolutamente anti-clericale della religione, in quanto quel che oggi conosciamo come Chiesa altro non è che una forma di imperialismo – sia culturale che economico – e che, come tale, deve essere combattuto. Questione che ogni cittadino italiano dovrebbe ben conoscere, essendo questa pratica ben presente nella vita politica della nostra quotidianità, nonostante il nostro sia un paese laico e non teocratico (come invece evidentemente piacerebbe dall'altra parte del Tevere e ad alcuni esponenti dell'emiciclo parlamentare).

Qualche sera fa, su Sky è andato in onda “Angeli e Demoni”,
sequel de “Il codice da Vinci”, ripreso sempre dai lavori di Dan Brown, sui quali non è il caso – in questa sede – di aprire una inutile quanto per certi versi affascinante discussione. A latere del filone centrale c'era la sequenza legata al Conclave, cioè all'elezione del Papa. E qui a me – ateo ed anti-clericale – già vengono in mente un paio di questioni, sulle quali apro solo un piccolo inciso non essendo la questione principale di questo scritto: a) ma se il Papa è il rappresentante di Cristo perché viene eletto (cioè viene scelto da altri uomini)? b) elezione: una delle pratiche preferite del potere politico, cioè di quel tipo di Potere a cui la Chiesa sembra tenere più di quanto non tenga a quello cultural-spirituale. Ma queste, dicevo, sono un altro paio di storie...


Per capire, invece, da dove possa partire una nuova Chiesa possibile dobbiamo spostarci dal potere centrale del Vaticano ed andare in America Latina – continente dal quale provengono le principali pratiche di un mondo migliore di questo e che, proprio per tale motivo, vengono puntualmente ignorate dall'Europa borghese e conservatrice (di potere) – ed addentrarci nel mondo della c.d. Teologia della liberazione.

«Gesù predicava il regno di Dio, ma purtroppo quello che è venuto dopo è la Chiesa». A dirlo è frei Betto (Fratel Betto), al secolo Carlos Alberton Libanio Christo, teologo, scrittore e politico brasiliano (è stato responsabile del progetto “Fame Zero” nel primo governo Lula) sessantaseienne, considerato tra i massimi esponenti di questa Teologia, che può tranquillamente essere considerata una vera e propria pratica politica.
Perché è questa – la connessione tra pratica religiosa e pratica politica, declinata nella sua parte sociale – la caratteristica principale della TdL e che, da questo concetto, muove le principali critiche al Vaticano, visto come accentrato e centralista, chiuso e supponente verso le altre religioni (o correnti di pensiero all'interno della stessa religione cattolica che etichetta come vere e proprie sètte).
La differenza principale che c'è però tra l'ortodossia principale professata da Roma e quella spuria professata in Sud America è la distanza ideologica che le separa: la prima considera la religione come emanazione dall'alto verso le masse che devono essere indottrinate, la seconda – al contrario – definisce la religione come religione fatta da, per e con la gente, contestualizzandola fortemente nell'humus sociale nella quale viene professata. Ed è anche per questo che molti dei teologi di questa forma di cattolicesimo rivoluzionario – e per questo più vicino a quello professato da Gesù Cristo, per citare nuovamente De André – hanno abbracciato il marxismo. Già: Peppone e Don Camillo nella stessa persona, qualcosa di inconcepibile per il Potere precostituito ed auto-legittimante del Vaticano.

«Il marxismo offriva la critica al potere economico che asservisce i poveri, ma il cristianesimo offriva la fede. Dimensione politica e dimensione religiosa potevano unirsi. E questa unione fu la Teologia della liberazione» come dice Leonardo Boff, uno dei principali teorizzatori di questa nuova Teologia.

  • Perché nasce la Teologia della liberazione?
Innanzitutto, come ci suggerisce il nome stesso, trattandosi di una Teologia è un discorso su Dio e sulla sua natura, la quale pone come basi fondanti due considerazioni: a) il suo percorso, la sua possibilità di presa sulle coscienze dipende esclusivamente dal contesto socio-culturale nel quale si esprime; b) assume come punto di partenza la situazione degli oppressi, che vengono assunti a “luogo teologico” (cioè la prospettiva dalla quale partire per costruire un discorso su Dio).

Già da questi due punti si intuisce facilmente la visione di un Dio positivo, di un Dio giusto posto contro le disuguaglianze e le ingiustizie, visione evidentemente antitetica a quella Vaticana che, nel corso della storia ha fatto di queste due pratiche (basti pensare alla caccia alle streghe, alle Crociate o alla vera e propria guerra all'omosessualità) pratiche politiche abbastanza consuetudinarie. Un Dio positivo, un Dio giusto che si mostra attraverso le pratiche sociali necessarie a destrutturare tutte le disuguaglianze, le ingiustizie e – in ultima analisi – tutti gli aspetti negativi della modernità. Per questo, i teologi della liberazione, credono in un Dio d'amore, amore inteso quindi in senso “pieno” (dall'amore più propriamente intimo fino ai suoi strati più esterni come quello – indistinto – verso il c.d. “prossimo”) che è poi, stando a chi ci crede, il vero “Verbo”.

Abbiamo detto che oltre ad essere pratica religiosa, la TdL è anche – e forse soprattutto – pratica socio-politica, alla quale è strettamente legata la sua stessa ragion d'essere. Questo, naturalmente, prevede la centralità dell'analisi sociale, analisi che non può essere fatta – come è ovvio – con le lenti della visione religiosa.
Quando nasce la Teologia della liberazione – intorno agli anni '60 del secolo scorso – la concezione sociale preponderante nel continente latinoamericano è quella della dipendenza, dettata dalla perifericità geografica del continente nei confronti dei due principali centri di potere: Washington e l'Europa, cioè i due massimi sistemi dove alla parola di Dio si stava sostituendo quella di Milton Friedman e della Scuola di Chicago (poi esportata tramite la “dottrina dello shock”).
L'adozione di una lente di focalizzazione di natura marxista deriva dalla critica stessa che la TdL rivolge(va) alla società capitalistica nella quale si trova(va) e, dunque, anche alle strutture portanti che la caratterizzavano. Essa metteva – e mette - infatti l'accento non più su una società di “strati” sociali, scollegati tra loro, nella quale ad ognuno è destinato un ruolo senza che questo porti ad un cambiamento in termini positivi della società stessa ma declina la conformazione sociale in termini di “classi” mediante le quali spiegare disuguaglianze ed ingiustizie sociali.

In questo senso vengono anche destrutturati concetti e simbologia sia della vita di Gesù, ridefinito sotto la visione di attore sociale nella Palestina del suo tempo, nonché relativi a tutto ciò che riguarda la liturgia ecclesiastica, anch'essa declinata da un punto di vista storico e delle sue conseguenze sociali e culturali.

È quindi ovvio che, mettendo in crisi non solo il Potere ecclesiastico ma anche la sua influenza culturale, almeno in riferimento alla Chiesa romana, la Teologia della liberazione dovesse suscitare le ire degli ecclesiastici ortodossi.

  • Sviluppi della Teologia della liberazione.
La nascita di questo movimento risale alla Conferenza Episcopale Latinoamericana (CELAM) del 1968 tenutasi a Medellìn (Colombia), nel momento in cui la gerarchia ecclesiastica del continente sudamericano si schierò al fianco dei diseredati della società e delle loro lotte, in netto contrasto con il dettame che giungeva da Roma, iniziando a teorizzare la possibilità di definire una Chiesa popolare e socialmente attiva. Tre anni dopo fu il sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, con la pubblicazione del saggio “Teologia della liberazione” a battezzare il movimento con questo nome.
Da subito impegnati nelle lotte contro i dispotismi che via via – con l'aiuto del potere politico centrale (Washington) ed il benestare di quello religioso (Vaticano) – si diffusero in America Latina, istituirono, riprendendole dall'esperienza brasiliana di qualche anno prima, le Comunità ecclesiali di base (Ceb), comunità “di lotta e di preghiera” nelle quali la partecipazione sociale della classe ecclesiastica diventava via via sempre più importante. Queste comunità si svilupparono principalmente proprio in Brasile, dove si arrivò ad un numero vicino alle 100.000 unità in particolare grazie all'operato del cardinale di San Paolo Paulo Evaristo Arns e del vescovo Hélder Câmara, ed in Nicaragua, dove molti sacerdoti e laici cattolici presero parte alla resistenza contro la dittatura di Anastasio Somoza Garcia entrando in alcuni casi – come i sarcerdoti Ernesto Cardenal e Miguel D'Escoto – nel governo sandinista che successe alla dittatura.

La vicinanza di questo particolare tipo di uomini di fede, ben lontani dalla figura europea del Don Abbondio, cioè dell'ecclesiastico avulso dalla società nella quale vive, era naturalmente invisa al Vaticano, che vedeva in questa pratica un pericolo prettamente ideologico che, nel caso avesse preso piede anche al di fuori del sub continente, avrebbe potuto inficiare il potere politico-culturale della Chiesa ortodossa e conservatrice; la frattura tra teologi della liberazione e Vaticano si evidenziò, se mai ce ne fosse stato ulteriore bisogno, nel 1979 durante la terza riunione del CELAM tenutasi a Puebla (Messico), dove il fronte ostracista vedeva nel “democratico” Papa Giovanni Paolo II uno dei massimi protagonisti e che portò molti dei teologi della liberazione – tra i quali il già citato Leonardo Boff, che per questo abbandonò l'ordine francescano nel 1992 – a dover subire una lunga serie di processi ecclesiastici.

L'esperienza latinoamericana, però, non fu ideata dal nulla: importante per la teorizzazione della Teologia della liberazione infatti, fu l'operato del cardinale di Parigi Emmanuel Suhard che, fondando la Missione di Francia, permise ad alcuni preti di lavorare nelle fabbriche, permettendo così – per la prima volta – agli esponenti ecclesiastici di “sporcarsi le mani” alla catena di montaggio. Nasce così il movimento dei “preti operai”, che si estende nel giro di poco tempo in tutto il continente europeo (in Italia il più noto tra questi è Sirio Politi, che racchiuderà la sua esperienza nel libro-diario “Uno di loro”). Tutti i preti operai furono denunciati in Vaticano per “attività sovversiva”; fu solo dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965) che la situazione si sanò, anche se nel frattempo molti di questi preti erano fuoriusciti dall'ordine ecclesiastico.
In chiave politica e di lotta sociale, uno dei fondamenti ispirativi della Teologia della liberazione latinoamericana fu tutto quel movimento per i diritti civili che, negli Stati Uniti, faceva capo al pastore protestante Martin Luther King e dalla quale mosse i passi una specifica Teologia, conosciuta col nome di Black Theology, che fu anche alla base della lotta contro l'apartheid, dove tra i protagonisti spiccava la figura del vescovo anglicano Desmond Tutu.
Anche l'Asia, seppur in maniera decisamente inferiore, viene investita dalla corrente che dal Sud America si propaga in tutti gli angoli del mondo: la Teologia contadina di Charles Avila fu accostata al movimento sudamericano.

  • Teologia della liberazione vs Vaticano
Come abbiamo fin qui visto, i rapporti tra i teologi della liberazione ed il Vaticano non sono mai stati idilliaci. Possiamo tranquillamente definire ideologico lo scontro avvenuto tra i teologi della liberazione – che leggono la figura di Cristo in chiave storica e, dunque, ben definita all'interno del contesto nel quale viene presentato nei Vangeli – ed i teologi ortodossi, che danno sovente una lettura degli scritti sacri decisamente borghese (probabilmente anche per legittimare l'enorme quantità di oro in cui sguazzano le alte gerarchie) stemperata però nell'ultimo periodo del pontificato di Karol Wojtyla – che abbracciò alcune delle tematiche da sempre caratterizzanti la TdL – l'avvento di Joseph Ratzinger, scelto dal Conclave per restaurare l'epopea oscurantista, ha riacceso lo scontro, cosa che è facilmente riscontrabile leggendo la carriera politico-ecclesiastica dello stesso Benedetto XVI, accusato da più parti di preferire lo studio delle carte piuttosto che la sfera sociale della Chiesa, anche se la distanza – tra le due Teologie – non è solamente ideologica.

«Molti qui in italia» - dice frei Betto in un'intervista concessa al mensile PeaceReporter - «mi chiedono cosa sarà della nostra Teologia adesso, con Papa Ratzinger. Beh, devo dire che questa cosa ogni volta che vengo in Italia mi sconcerta: voi siete molto vicini al Papa, mentre noi in America Latina siamo molto vicini a Dio. Dovete capire, che molto spesso quello che avviene a Roma non ha molto riflesso nella Chiesa dell'America Latina. Anche le nomine di vescovi conservatori molte volte non provocano reazioni, perché c'è così tanto sfruttamento, così tanta sofferenza – tanto per dirne una nel mio Paese c'è ancora il lavoro di schiavitù – che tutto il dolore della gente parla più alto, parla direttamente a Cristo. Per questo la Teologia della liberazione nasce proprio in America Latina. E comunque, io non credo che il rinnovamento della Chiesa venga dall'alto, spero arrivi dal basso. Credo che lo Spirito Santo lavori dal basso. L'unica cosa che so è che trent'anni fa era soltanto la Teologia della liberazione che parlava di debito estero, di colonialismo, di neoliberismo, che criticava l'imperialismo, la politica estera degli Stati Uniti».

Già: ad occuparsi di questi temi c'era la Teologia della liberazione...e c'era Che Guevara: «uomo ricco che si è dedicato ai poveri. E non era un credente» - continua frei Betto nella medesima intervista - «Sicuramente, quando il Che è salito al cielo Gesù avrà detto: «Sei il benvenuto. Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare, hai lottato per questo». E lui avrà risposto: «Guarda Signore, io non ero credente, e non ti ho mai incontrato perché non ho mai messo piede in una chiesa». E Gesù gli avrà risposto: «Ogni volta che hai lottato per i poveri, hai lottato per me»».


  • Una Teologia per la gente, nella gente
Da un'altra intervista che mi è servita come fonte – a Clodovis Boff, uno dei massimi esponenti di questa Teologia e fratello del già citato Leonardo – si evidenzia il ruolo attivo che i teologi della liberazione, e tutt* coloro che si prodigano in essa (è infatti forte la presenza di donne ed uomini anche laici). Riporto il passaggio così come lo trovo scritto:

«Negli anni passati la Chiesa brasiliana ha sviluppato una serie di “pastorali sociali” a favore dei più emarginati. Questo impegno continua? » «Certamente, e con interventi molto concreti. Prendiamo, ad esempio, la Pastorale del bambino, portata avanti soprattutto da donne, laiche e religioso. Vanno al concreto, e quindi organizzano corsi e centri per migliorare l'alimentazione, combattere la disidratazione, prevenire malattie o curarle, anche con la medicina popolare. In pochi anni si è registrato un calo della mortalità infantile dal 30 all'8 per cento. È uno sforzo che si deve continuare, tenuto conto che in Brasile, su centomila operatori sanitari, sessantamila sono volontari che fanno capo alla Chiesa».

  • Il “credo laico” della Teologia della liberazione.
Arrivati in conclusione, dopo aver descritto cos'è e come agisce questo movimento, non rimane che dare uno sguardo al suo aspetto ideologico, al suo “credo laico”.

- I pilastri religiosi su cui si basa tutto il costrutto teorico in campo sociale sono:
la liberazione è conseguenza della presa di coscienza della realtà socio-economica
latinoamericana;
- La situazione attuale della maggioranza dei latinoamericani contraddice il disegno divino e la
povertà è un peccato sociale;
- La salvezza cristiana include una “liberazione integrale” dell'uomo e raggruppa per questo
anche la liberazione economica, politica, sociale ed ideologica, come visibili segni della dignità
umana;
- Non vi sono peccatori, ma anche persecutori che opprimono e vittime del peccato che
chiedono giustizia.
Da queste basi si muove poi la costruzione dell'ideologia sociale, basata su:

- pluralismo religioso: partendo dal pensiero del teologo José Maria Vigil (2005) si è iniziato a teorizzare la possibilità di superare le differenze dottrinarie tra le religioni – e tra le diverse correnti di pensiero all'interno di una stessa religione – che presuppone l'accettazione della più piena libertà di culto: dalle culture indigene ed afro-americane (quali il vudù haitiano, la regola di Osha a Cuba o l'umbanda in Brasile) fino ad arrivare alle altre grandi confessioni religiose: islam e buddismo in primis;
- rilettura del cristianesimo originario: muovendo da “Il movimento anti-imperiale di Gesù” del teologo argentino Ruben Dri, la TdL parla di progetto integrale di Gesù basato su di un'economia di solidarietà (incentrata sui concetti di dono e condivisione) sia su di una politica basata sui rapporti di fratellanza, senza i quali – naturalmente – la solidarietà economica non sarebbe possibile. Questa visione evidenzia ancor di più la rilettura storico-sociale dei Vangeli: la vita e l'opera di Gesù vengono infatti lette sotto la lente del suo scontro con il Potere imperiale;
- etica dell'economia: in contrapposizione alla Scuola di Chicago ed al vero e proprio culto che la società capitalistica fa verso la figura di Milton Friedman e l'economia neo-liberale, basata su concetti supremi quali competitività ed efficienza, che altro non sarebbero – per i teologi della liberazione – che mezzi di distruzione della vita, sia materiale (con l'evidente aumento delle disuguaglianze socio-economiche) sia culturali, come esprime Gustavo Gutierrez ne “Il Dio della vita” (1982);
- prospettiva femminista: a partire dagli anni '80 forte è la presa di coscienza sulla doppia oppressione della donna nella società patriarcale, che si evidenzia sia in una più generale oppressione di classe, sia in una più specifica oppressione di genere.
ecologia: ispirandosi alla spiritualità di San Francesco d'Assisi, si delinea una forte critica allo sfruttamento economico della natura su cui si basa il capitalismo.
Questo aspetto, peraltro, sembra essere prerogativa presente nel DNA di tutti i latinoamericani (quindi non solo coloro che aderiscono alla Teologia della Liberazione), per i quali il rapporto tra l'uomo e la terra – la Pachamama – è considerato allo stesso modo del rapporto madre-figlio negli esseri umani.

Molte di queste tematiche, come è evidente, sono anche alla base del movimento altermondista (critica al Potere imperialista pre-costituito, problemi di genere, ambientalismo, solidarietà), ad evidenziare ancora una volta come, per combattere l'ingiusto mondo che ci è toccato di abitare, non sia necessario distruggerlo con le bombe o con la violenza. Basta crearne uno diverso. E migliore.

«È difficile vivere nella Chiesa, puoi stare vicino al potere del denaro e della politica, alla curia, o puoi stare vicino al Cristo vivente che soffre nel povero e lottare contro il potere che avvilisce l'uomo, che lo riduce alla miseria morale, che lo uccide. Se scegli la prima via, puoi fare carriera e avere una vita piena di soddisfazioni Se scegli la seconda via, la Chiesa ti chiamerà marxista e ti rigetterà. Perché i vertici della Chiesa non sono in mano ai poveri né a chi lotta con i poveri, ma sono in mano ai potenti e a chi tratta con i potenti».
[Padre Leonardo Boff]