Sfogliando i libri di storia. A.D. 1992


«Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.»
[Giovanni Falcone]

Questo post l'avrei potuto anche finire così: video e frase e via, capitolo chiuso.
Oppure avrei potuto cercare qualche discorso di Giovanni Falcone e copincollarlo come testo del post.
Però, quando ti trovi di fronte a quelle persone che hanno fatto la storia, e che in qualche modo hanno indirizzato anche la tua di storia, limitarsi a quanto sopra sarebbe riduttivo. Io non mi ricordo dov'ero e cosa stavo facendo alle 18.10 del 23 Maggio 1992, anche perché avevo 6 anni e forse ancora non capivo bene e non mi interessava occuparmi di cose "serie". Però una cosa me la ricordo, anche se non so datarla. Mi ricordo la prima volta che ho aperto il libro di storia delle elementari su quelle pagine, e mi ricordo l'effetto strano che mi fece vedere quelle immagini - quelle "famose" delle stragi di Capaci e di via D'Amelio - e l'effetto che mi fece sapere che due persone, due persone come tante, due persone che facevano il loro lavoro, erano state uccise da questa cosa che si chiamava "mafia". Non potevo immaginare che quell'incontro - seppur mediato da un libro di storia - avrebbe inciso così tanto nella prosecuzione della mia vita. Perché se poi, dopo alcuni anni, ho deciso che quel che volevo fare da grande era il giornalista il merito (o la colpa, fate un pò voi...) è anche e soprattutto per quei signori che ho via via incontrato sui libri. Quei signori che facevano il loro lavoro con l'intenzione di migliorare il paese in cui abitavano. Non per qualche "illuminazione messianica", ma solo - come disse in quell'intervista che vi ripropongo il giudice Falcone - per puro spirito di servizio.
C'è una cosa che spesso mi chiedo - tra le tante domande che mi frullano perennemente in testa - e cioè cosa ne penserebbero Falcone, Borsellino, Peppino Impastato e tutti gli altri del nostro paese adesso, mentre io scrivo o mentre voi state leggendo. Non so come avrebbero reagito al cancro di 15 anni di Berlusconi come deus ex-machina di questo paese. Ovviamente queste sono - come tante altre - domande che rimarranno senza risposta. Ma so che dopo 17 anni da quelle stragi, l'insegnamento di quegli uomini e donne che si sono fatti ammazzare per migliorare il loro paese e che non hanno mai detto "ok, grazie. Io smetto" come certi autori di best-seller, stia ormai cadendo nel vuoto. Se è vero che facciamo definire "eroe" un mafioso senza scendere in piazza e chiedere la testa - in modo reale o figurato, fate un pò voi - di chi ha definito così Vittorio Mangano. Io credo che ciò non succeda - o che per lo meno succeda solo in parte grazie ai "soliti" che non si arrendono - perché in fondo quel modo di fare combattuto 17 anni fa è diventato il modo di fare dell'"onorata società" di cui io e voi facciamo parte. O forse sbaglio?